Si è conclusa la terza sessione formativa del progetto di Club alpino italiano e Club alpino accademico, condotto dall’alpinista Matteo Della Bordella e rivolto a 15 giovani alpinisti italiani che aspirano a fare dell’alpinismo la propria professione
Vie classiche, metodi di progressione in artificiale, primo soccorso in montagna e serate formative su come organizzare al meglio una spedizione esplorativa. In Val di Mello, tempio del sassismo e dell’arrampicata su granito, si è tenuta, dal 5 all’8 ottobre, la terza sessione del progetto Cai Eagle Team.
Il Cai Eagle Team è l’iniziativa di formazione attraverso la quale il Club alpino italiano, insieme al Club alpino accademico italiano e all’alpinista Matteo Della Bordella, sta offrendo a 15 giovani alpinisti e alpiniste tra i 19 e i 28 anni l’opportunità di sviluppare il proprio talento grazie al supporto di tutor scelti tra i migliori alpinisti italiani e internazionali.
In questa occasione l’attività si è concentrata sulle tecniche di scalata artificiale, grazie al supporto dello specialista Fabio Elli, alpinista a tutto tondo, grande conoscitore della Val di Mello e della scalata artificiale, che pratica dal 2010. Tutor di questa settimana sono stati gli alpinisti lombardi Leonardo Gheza e Marco Majori, il Ragno di Lecco David Bacci e la scalatrice torinese Federica Mingolla. A gestire il gruppo, come sempre, Matteo Della Bordella.
«Sono state giornate interessanti, dove c’è stato un bellissimo mix tra didattica e formazione. Motivo per cui faccio il mio plauso al Club alpino accademico italiano, che ha organizzato ottimamente serate di approfondimento interessanti e accattivanti», commenta Della Bordella. «Il gruppo è sempre più unito e anche questa volta, come già accaduto in Dolomiti, ha avuto modo di ripetere vie impegnative e di tutto rispetto».
In parete
Il primo giorno è stato protagonista assoluto il Sasso Remenno, il masso più grande d’Europa. Sull’imponente monolito roccioso, alto 50 metri, il gruppo si è esercitato nelle tecniche di progressione in arrampicata artificiale sotto la guida del sopracitato Fabio Elli, passando in rassegna teoria, materiali e attrezzature.
Il secondo e il terzo giorno, decise le cordate, il gruppo si è cimentato sulla ripetizione di una serie di vie ben note agli appassionati, tra cui spiccano: “Non sei più della mia banda” (700m, 8a+ max) al Precipizio degli Asteroidi, ripetuta dalla cordata formata da Giacomo Meliffi e Carlo Filippi; “Tutto Vero” (400m, VIII, VII obbligato) al Picco Luigi Amedeo, via che conta poche ripetizioni, salita dalla cordata formata da Marco Majori ed Erica Bonalda; “Feri Ultra” (450m, 6c+) al Picco Luigi Amedeo, ripetuta da tre cordate, quella composta da Dario Eynard e Marco Cordin, quella formata da Camilla Reggio e David Bacci e quella di Marco Majori ed Erica Bonalda. La cordata composta da Federica Mingolla e Luca Ducoli, infine, ha ripetuto “Viaggio nell’iperspazio” allo Scoglio delle Metamorfosi (200m, 7c).
Le parole dei ragazzi
Soddisfatto non solo Della Bordella, ma anche i ragazzi del gruppo. «La settimana è stata entusiasmante», inizia il bergamasco Dario Eynard. «Le giornate formative di approfondimento dedicate all’arrampicata artificiale e al primo soccorso per noi sono fondamentali, ci aiutano ad aggiungere dei piccoli tasselli che ci permettono di vivere ed esplorare la montagna con più consapevolezza, sicurezza e opportunità».
«Conoscere le tecniche di arrampicata artificiale è utile quando si aprono vie o si affrontano pareti con condizioni avverse», aggiunge Luca Ducoli, di Breno (BS). «Io ho avuto la fortuna di scalare con Federica Mingolla e devo dire che le placche della Val di Mello ci hanno dato un bel filo da torcere. Soprattutto per la loro spittatura allegra. Nei giorni successivi invece è stato bellissimo scalare con i miei compagni. Legarsi alla stessa corda è sempre l’occasione migliore per conoscersi e creare quel legame di fiducia fondamentale per poi poter affrontare salite sempre più impegnative».
«Nel gruppo il livello è altissimo, è stimolante vivere queste settimane formative e avere l’occasione di confrontarsi trovando sempre il modo per migliorarsi», commenta Alessandra Prato, milanese. «Si sta creando qualcosa di forte tra noi. Non so se fosse l’aurea magica della “mia” Val di Mello, ma io mi sono sentita a casa. Ringrazio ancora una volta Matteo e il Cai: qui sto crescendo tanto, e non ho paura di inseguire i miei sogni, che sono sempre più grandi, ma sempre più certi».
Le serate
Oltre alle scalate, sono stati organizzati, la sera, incontri e approfondimenti.
Durante la prima serata si è svolta un’attività formativa fondamentale sulla comunicazione per chi vuole fare dell’alpinismo la propria professione, insieme a Gian Luca Gasca. I ragazzi hanno presentato alcune “presentazioni” sulla propria attività alpinistica raccontando le proprie attività in pubblico.
Non è mancata la partecipazione, durante la seconda serata, di un ospite di assoluta caratura come Giuseppe “Popi” Miotti, protagonista degli “anni ruggenti” della vita alpinistica in Val di Mello. Partendo dal suo libro “Gli archivi ritrovati”, Miotti ha passato in rassegna una delle epoche più feconde e vivaci dell’arrampicata e dell’alpinismo italiani, dagli scarponi rigidi anni ’60 alla grande rivoluzione di tecniche e idee del Nuovo Mattino e del Sassismo, fino alla piolet traction e ai giorni nostri.
L’ultima serata ha avuto come protagonisti Della Bordella, David Bacci e Matteo De Zaiacomo: i tre, tutti appartenenti ai Ragni di Lecco, hanno raccontato le proprie avventure, dalle prime esperienze fino all’Himalaya e all’ultima spedizione al Cerro Torre, fornendo ai ragazzi tutte le informazioni necessarie su come organizzare una spedizione e sugli stili di apertura in parete.
La sessione del Cai Eagle Team in Val di Mello si è conclusa nella mattinata di domenica con i saluti finali e una lezione sui fondamenti del soccorso in montagna, tenuta dall’infermiere Mattia Compagnoni del Soccorso alpino e speleologico lombardo. Come tutte le attività in ambiente montano, anche l’alpinismo e l’arrampicata vanno infatti affrontati con la giusta preparazione, e questo include anche l’essere formati sulla gestione dei rischi da infortunio e sulle valutazioni da fare e le eventuali azioni da intraprendere in caso di incidente: manovre di primo soccorso, valutazione delle funzioni vitali e delle tipologie di traumi, e tutto ciò che può risultare utile, e spesso decisivo, prima dell’arrivo dei soccorsi.
Nei prossimi mesi i 15 ragazzi del Cai Eagle Team proseguiranno la loro attività in modo indipendente, in attesa della nuova settimana prevista tra la fine gennaio e l’inizio di febbraio 2024 a Kandersteg, in Svizzera, che sarà incentrata sull’arrampicata su ghiaccio.
Seconda edizione del “Workshop”
Insieme alla squadra dell’Eagle Team, in Val di Mello c’erano anche dieci partecipanti alle selezioni di Domodossola, che non sono potuti essere inseriti nella squadra, e tredici Istruttori under 30 delle Scuole di Alpinismo Cai lombarde. Oltre 50 persone hanno dunque partecipato al secondo “Workshop”, che si può essere definito come un “progetto nel progetto”, attraverso il quale Club alpino accademico e Cai intendono mettere in contatto numerosi e promettenti giovani scalatori e scalatrici, valorizzando le loro capacità e competenze.
«Questa è la seconda occasione in cui è stato possibile mettere insieme i ragazzi che si sono conosciuti in Ossola. Per un giovane alpinista incontrare dei coetanei altrettanto appassionati è sempre di grande stimolo: è facile capirsi e la scoperta di parlare la stessa lingua è illuminante. Se poi questi incontri si ripropongono a stretto giro è naturale che si crei un gruppo in cui la motivazione e la consapevolezza di ognuno non possono che rafforzarsi», afferma il presidente del Club alpino accademico italiano Mauro Penasa. «Siamo molto soddisfatti dall’energia che scaturisce in questi meeting, e dai risultati che i partecipanti ottengono. Intanto per loro c’è la possibilità di visitare luoghi non sempre conosciuti, sfruttando i consigli di chi è molto pratico delle zone di scalata. Poi è evidente il senso di emulazione e consapevolezza che spinge una maggior disponibilità a mettersi in gioco. Infine, si crea una serie di rapporti interpersonali che confidiamo possa sfociare, nel vicino futuro, in una bella serie di salite, ma soprattutto in un gruppo di giovani alpinisti di alto livello tecnico e di grandi qualità umane».
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