Un lupo sulle Alpi © Davide Berton
Le incomprensioni sorte tra un gruppo di allevatori e gli organizzatori della presentazione di un libro di fiabe con protagonista un Lupo, avvenute all’Alpe Devero il 12 agosto scorso, ripropongono con forza la necessità di affrontare i problemi connessi al ritorno dei Grandi Carnivori sulle Alpi, e non solo, con razionalità, pacatezza e moderazione.
Senza giudizi aprioristici sull’accaduto, appare evidente come la questione stia sempre più divaricando le posizioni, generando conflitti che rischiano di precludere ogni possibile e dovuta ricerca di soluzioni praticabili, condivise e ispirate al pieno rispetto delle norme vigenti.
Il Cai, che oltre ad essere un Ente di Diritto Pubblico non economico vigilato dal Ministero in oggi del Turismo, è una Associazione di Protezione Ambientale riconosciuta ai sensi dell’art 13 della Legge 8 luglio 1986 n°349, si identifica nella previsione dell’articolo 1 dello Statuto ove, fra l’altro, si legge: “…ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.”
Per questo, anche in coerenza con la linea di indirizzo ufficialmente adottata in tema di Grandi Carnivori con atto consiliare n.45 del 22 ottobre 2016, non possono sfuggire ad attenzione ed ad accurata considerazione del Sodalizio sia le valenze ambientali ed ecosistemiche, sia le reali esigenze delle attività agricole di Montagna, fra le quali l’allevamento e la pastorizia, elementi identitari dei territori.
Queste attività soffrono di debolezze strutturali che le attuali norme contenute nella PAC (Politica Agricola Comune) acuiscono, indirizzando i flussi finanziari di sostegno e incentivo verso le grandi aziende della pianura per la quasi totalità delle somme disponibili. Di ciò si può acquisire ampia contezza verificando gli strumenti finanziari dei vari PSR.
In questo contesto, il ritorno dei Grandi Carnivori e, in particolare del Lupo, fenomeno, in sé, del tutto naturale, accentua i problemi proprio in quelle zone dove, da più di un secolo, era stato estirpato dalla pervicace azione dell’uomo e richiama oggi a precise e articolate responsabilità.
Deve essere, quindi, acquisita consapevolezza delle norme comunitarie che regolano la classificazione e conseguente protezione del Lupo e di quanto disposto dalla Sentenza della Corte Europea di Giustizia del 10 ottobre 2019 (C 674-17), anche alla luce della risposta scritta fornita dal Commissario all’Ambiente Sinkevičius, all’interrogazione parlamentare E-000707/2021, prendendo atto che tutte le possibili e connesse azioni di mitigazione non potranno prescindere da questo quadro di imprescindibile legalità.
Per giungere, allora, a risoluzioni concrete, applicabili e condivise il Cai auspica:
– Il superamento, in sede di Conferenza Stato-Regioni, dei blocchi che impediscono l’adozione di un coerente Piano nazionale di gestione del Lupo, elemento imprescindibile per adottare conseguenti provvedimenti attuativi, anche in deroga.
– Il consolidamento del ruolo di ISPRA come Ente di carattere scientifico coordinatore delle attività di monitoraggio nazionale e ricerca applicata.
– L’adozione da parte delle Regioni di omogenee politiche agricole territoriali coerenti che non marginalizzino le attività di Montagna, con specifica attenzione alla pastorizia.
– Una forte e coerente azione di promozione e sostegno al percorso verso la coesistenza da parte del Sistema delle Aree Protette, in particolare di quelle Aree che assolvano il ruolo di Partner nei progetti comunitari, individuando strumenti di comunicazione, informazione, disseminazione che coinvolgano in maniera paritetica le varie componenti territoriali, non trascurando la pastorizia di Montagna anche ove prevalentemente hobbistica.
– Un abbassamento dei toni della discussione da tutte le Parti interessate invitando in particolar modo la Politica nazionale e locale a non stimolare divisioni sociali che non giovano e non favoriscono la ricerca di soluzioni condivise e praticabili, promuovendo, piuttosto, azioni di coesione sociale e territoriale.
– Una assunzione di responsabilità da parte delle categorie agricole interessate affinché, con una presenza attiva, siano partecipi ai necessari processi decisionali, circoscrivendo e, auspicabilmente, abbandonando modalità di approccio e linguaggio marcatamente divisivi.
Per quanto sopra il Cai si impegna:
– a fornire il proprio supporto agli enti ed istituzioni responsabili della gestione dei grandi carnivori, sia in termini di formazione culturale, sia mediante la raccolta di dati aggiuntivi su avvistamenti e indici di presenza sul territorio montano, segnalando altresì situazioni problematiche di convivenza con l’uomo;
– a incentivare la messa in atto di buone pratiche ed iniziative di protezione, con prioritario riferimento alle tradizionali attività zootecniche di montagna; – a favorire il dialogo e il confronto con le popolazioni dei territori montani interessati e la ricerca di soluzioni concrete e condivise con gli operatori del settore agro-pastorale; – ad attivare verso i propri associati una serie di iniziative volte a migliorare la conoscenza e l’accettazione di queste specie, nonché ad individuare e divulgare norme comportamentali per i frequentatori della montagna.