Il Club alpino italiano ha elaborato proposte di modifica al testo che sarà a breve esaminato dalla Conferenza Unificata e dal Parlamento
«Auspichiamo una legislazione che guardi all’esigenza di sicurezza e tutela delle persone, senza per questo imporre ingiustificate limitazioni alla libertà individuale e oneri immotivati». Scrive così, senza giri di parole, il Presidente generale del Club alpino italiano Vincenzo Torti in una lettera indirizzata al Ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora e al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Stefano Bonaccini, nonché alle competenti Commissioni di Senato e Camera.
Alla lettera del presidente Torti sono allegate le osservazioni e le proposte di modifica dello schema di decreto legislativo (attuativo della legge delega n. 86/2019 di riforma dello sport) “Misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali”. Lo schema, che sarà esaminato a breve sia in Conferenza Unificata sia in Parlamento, ha lo scopo di sostituire, ampliandone la portata, la normativa attualmente contenuta nella legge n. 363/2003. Le osservazioni riportate nel documento del Cai sono il frutto di un’attenta disamina ad opera della Presidenza con il coinvolgimento del Servizio Valanghe Italiano (SVI) e della Commissione nazionale scuole alpinismo, scialpinismo e arrampicata libera (CNSASA) del Cai. Vediamo ora quali sono i punti più importanti delle proposte di modifica.
Osservazioni e precisazioni
Una prima osservazione riguarda la circostanza che nello schema di decreto, a fronte delle molteplici attività considerate, se ne definiscono solo alcune e, per di più, con modalità non del tutto aderenti alle loro peculiari caratteristiche. Per questo si sono meglio precisate le definizioni di sci di fondo, snowboard e telemark, e si sono proposte, da inserire nel testo, quelle di racchette da neve, scialpinismo, sci escursionismo, sci fuori pista (o free ride), nonché Artva.
Un punto particolarmente delicato riguarda la previsione di una rubrica che fa riferimento solo alle “attività dello sci fuoripista e dello sci alpinismo”, con una formulazione desueta e certamente riduttiva rispetto alle ben più numerose attività sportive praticate al di fuori delle aree attrezzate, che pure lo stesso schema di decreto prende in considerazione. Si è quindi proposto di rinominare tale rubrica come “sci fuoripista e attività in territorio aperto”, intendendosi quello, non ricompreso nelle aree attrezzate e nel quale si svolgono le predette ulteriori attività.
Il tema degli strumenti di autosoccorso
Particolarmente delicata è, poi, la parte in cui, rispetto all’attuale normativa della 363,/2003 che obbliga il possesso degli strumenti di “autosoccorso” (Artva, pala e sonda) solo per coloro che praticano lo sci alpinismo e sempre che le condizioni climatiche e della neve comportino evidenti rischi di valanghe, si vorrebbe prevedere un analogo obbligo anche in caso di uso delle racchette da neve per le attività escursionistiche ”in ambiente innevato”. Un riferimento così generico, infatti, potrebbe riguardare qualsiasi superficie ricoperta di neve che, proprio per questo, potrebbe essere considerata “innevata”, con il conseguente obbligo di dotarsi del kit di autosoccorso anche per fare una passeggiata nei dintorni di casa. Si è quindi proposto di assoggettare tale obbligo solo all’ipotesi in cui le situazioni climatiche nivologiche comportassero elevati pericoli di valanghe, come del resto già previsto dalla legislazione della regione Lombardia.
La conseguenza di un “ipotetico patentino”
Per quanto più direttamente connesso alle attività su pista si è osservato che andava rimosso l’impedimento all’accesso da parte dei mezzi di soccorso durante il normale utilizzo delle piste. Ci si è anche soffermati sulla previsione che per accedere alle piste classificate nere lo sciatore debba essere in possesso “di elevate capacità fisiche e tecniche” evidenziando che, mentre non vi sarebbe nulla da eccepire se intesa come indicazione di assoluto buon senso, lo stesso non potrebbe dirsi nel momento in cui dovesse costituire il presupposto per una sanzione. Ciò in quanto si renderebbe necessaria una possibilità di una verifica istituzionale di tali capacità, con l’evidente conseguenza di dover ricorrere ad un “ipotetico” patentino, avviando una deriva che rischierebbe di doversi applicare a cascata a molte altre attività sportivo ricreative. Basti pensare a quelle di mare, nuoto compreso, come ad altra qualsiasi attività umana, con il risultato inevitabile di “comprimere in modo irragionevole libertà individuali che non sono suscettibili di essere messe in discussione”.
E ancora: si è chiesto di considerare come l’accertamento dell’idoneità di un’area alla pratica di sport invernali non possa basarsi solo sulle caratteristiche idrogeologiche della stessa, criterio che appare riduttivo rispetto a quello che, in montagna, costituisce il principale fattore in materia di prevenzione, che è quello delle valanghe.
«Il Club alpino italiano – osserva ancora il Presidente Torti – confida che i Relatori dello schema di decreto e i parlamentari Amici della montagna possano condividere quanto segnalato, da intendersi quale contributo alla comune volontà di operare per una possibile sicurezza in montagna, senza però mai comprimere, men che meno, in assenza di oggettive e comprovate motivazioni, le libertà individuali».