Consiglio nazionale delle ricerche e Club alpino italiano siglano un accordo quadro con cui condividono le loro strutture per migliorare la conoscenza degli ambienti e degli ecosistemi alpini e montani in relazione ai cambiamenti climatici in atto. La firma ieri, in concomitanza con la Giornata internazionale della montagna,
promossa dall’Onu e coordinata dalla Fao.
Grazie all’accordo quadro tra il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e il Club alpino italiano (Cai) prende il via una collaborazione utile a migliorare la conoscenza degli ambienti ed ecosistemi di alta quota, oltre che la comprensione dei fenomeni climatici in atto, attraverso attività di monitoraggio che potranno coinvolgere attivamente i rifugi Cai e le stazioni e gli osservatori climatici Cnr, infrastrutture che costituiscono un bene prezioso per la sorveglianza meteo-climatica e ambientale di questa parte del territorio italiano. La firma è avvenuta, simbolicamente, ieri, in occasione della Giornata internazionale della montagna, promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e coordinata dalla Fao.
“I due Enti riservano una particolare attenzione all’ambiente montano”, osserva il presidente Cnr, Massimo Inguscio. “La possibilità di ottimizzare le nostre risorse e infrastrutture in aree così significative per lo studio del clima permetterà di rafforzare la sorveglianza dell’ambiente glaciale e periglaciale alpino e di ampliare la base osservativa degli studi che l’Ente già esegue in cinque Osservatori climatici e, sulla vetta del Monte Cimone, dell’unica stazione globale presente nel bacino mediterraneo del programma GAW-WMO per lo studio dei cambiamenti climatici, gestita dal Cnr con l’Aeronautica militare”.
Già nella Conferenza Onu sull’ambiente e lo sviluppo del 1992, l’Agenda 21 dedicava un capitolo al tema Managing Fragile Ecosystems: Sustainable Mountain Development. La situazione non è certo migliorata. Le temperature atmosferiche dei settori alpini, nell’ultimo secolo, sono aumentate tra 1.5 e 2.0°C, con importanti ripercussioni sulla criosfera. E i più recenti dati sullo stato di salute dei ghiacciai delle Alpi evidenziano bilanci di massa fortemente negativi (mediamente 1-2 metri di acqua equivalente persa ogni anno per ghiacciaio), che si traducono in riduzioni di area e volume di dimensioni parossistiche. Le lingue glaciali principali annualmente arretrano il loro fronte in media di 20-25 m, perdendo 3-4 m di spessore di ghiaccio, e le previsioni, anche qualora le temperature non aumentassero più, paventano la scomparsa della maggior parte dei ghiacciai al di sotto dei 3000-3500 m di quota entro il 2050.
“Questo accordo è un passo estremamente importante, perché prefigura l’utilizzo dei Rifugi Cai per l’attività scientifica e il monitoraggio dei principali parametri climatici, in una rete che percorre tutto lo Stivale, fino al centro del bacino del Mediterraneo”, dichiara il presidente generale del Cai Vincenzo Torti.