Rinascita, concretezza, solidarietà. Amatrice ha vissuto un giorno di festa per la fine dei lavori della prima struttura permanente realizzata in meno di dieci mesi da Cai e Anpas.
Per Amatrice è un giorno di festa. Nonostante il dolore, che si appiccia ancora alla pelle come l’umidità in certi giorni d’autunno. Nonostante le macerie, le comunità smembrate e i cuori feriti. Nonostante tutto, tre anni dopo il terremoto sono state aperte le porte della prima opera permanente realizzata da privati. La Casa della Montagna di Amatrice è pronta. I lavori, iniziati meno di dieci mesi fa, possono dirsi conclusi. Ancora un paio di rifiniture e il cantiere sarà definitivamente chiuso in attesa degli arredi e dell’inaugurazione ufficiale, che è già programmata per il prossimo 16 novembre.
La Casa della Montagna è lì, nella sua bellezza architettonica e valoriale, pronta a dimostrare che non tutto è perduto, che è possibile ricominciare, che la solidarietà non è solo una definizione teorica letta sul dizionario. Se questo primo grande segnale ha una forma tangibile e concreta, il merito è del Club Alpino Italiano e di Anpas. Insieme hanno voluto realizzare un’impresa che contribuirà in modo determinante alla ripresa di un territorio che il sisma ha completamente distrutto. Strutturalmente, socialmente, economicamente.
«Fino a ieri era soltanto un sogno. Anzi, sembrava quasi un’illusione. Eppure la Casa della Montagna, oggi, è una realtà». Nel giorno in cui soci del Club alpino, volontari e cittadini hanno partecipato alla festa che di fatto sancisce la conclusione dei lavori, a parlare è il presidente generale del Cai, Vincenzo Torti. Domenica 22 settembre, secondo giorno d’autunno, ad Amatrice anche la pioggia fine ha voluto lasciare spazio a qualche simbolico raggio di sole. Così è stato, così doveva essere. «Se è vero che la montagna è casa nostra, ora possiamo dire che la montagna ha anche una casa fisica» ha precisato Torti. «È qui, ad Amatrice. E le sue porte si apriranno per tutti coloro che devono restare, per quelli che ancora cercano ragioni per continuare a vivere su questi monti e per accogliere chi verrà da lontano».
La posa della prima pietra era avvenuta l’11 dicembre 2018, proprio in occasione della Giornata internazionale della montagna. Nove mesi e mezzo dopo ecco che la Casa ha preso forma. Sui 700 metri quadrati trovano spazio una palestra di arrampicata, la sede della sezione Cai di Amatrice, la biblioteca e una sala multimediale che in caso di calamità può trasformarsi nel centro di coordinamento per i soccorsi. «Ovviamente noi speriamo di usarla soltanto per gli incontri e i momenti formativi» confessa Paolo Demofonte, che per il Cai Lazio ha coordinato i lavori della Casa della Montagna.
La struttura è antisismica e completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, essendo dotata, tra le altre cose, di un impianto fotovoltaico e di una caldaia a pellet. È inoltre fornita di cucina e può offrire fino a dodici posti letto, che serviranno ad accogliere tutti coloro che arriveranno ad Amatrice per progetti speciali, attività o momenti formativi.
Anche questo è un modo per ricominciare. Ne è convinto Amedeo Parente, presidente del Cai Lazio. La sua presidenza è iniziata solo di recente, a percorso avviato. Per questo il ringraziamento più grande l’ha rivolto al suo predecessore, Fabio Desideri, e al past president del Cai Amatrice, Marco Salvetta. «Se tutto questo è stato possibile, be’, è solo grazie a loro e a tutti i volontari di Cai e Anpas», aggiunge Parente. «La Casa della Montagna è uno spazio d’aggregazione. Amatrice tornerà ad essere un luogo d’incontro tra culture diverse».
Sì, perché senza coesione non si può nulla. Una frase che ad Amatrice è stata ripetuta più volte. Cai e Anpas hanno infatti dimostrato come il volontariato possa essere portatore e promotore di cittadinanza attiva. «Siamo stati veloci a rispondere all’emergenza. C’eravamo pochi istanti dopo il disastro e continuiamo a esserci ancora oggi», tiene a ricordare Fabrizio Pregliasco, presidente della Pubbliche assistenze d’Italia. «La Casa della Montagna è uno strumento. Per fare cultura, per creare comunità, per essere resilienti di fronte alle tristezze della vita. L’abbiamo costruita affinché le persone possano stare insieme».
La montagna vive e respira, ancora e sempre. Oltre il terremoto, oltre il dolore e la distruzione conseguente. Tutt’attorno c’è il verde. La natura colora ciò che la natura ha cancellato. Nonostante l’autunno appena iniziato, a quasi mille metri d’altitudine, gli alberi faticano a cominciare il ricambio e in giro non ci sono foglie secche. Anche questi sono segnali. E se la Casa della Montagna occuperà parte di quel vuoto, nuove opportunità saranno offerte anche dal Sentiero Italia Cai, che sui Monti della Laga ha subìto l’unica eccezionale deviazione per toccare sia Amatrice sia Accumoli. Così, nel giorno in cui la Casa ha aperto per la prima volta le sue porte, nasce anche una nuova proposta di cammino: un percorso escursionistico ad anello che possa toccare tutti i paesi e borghi colpiti dal terremoto. Compresa Amatrice che, come si legge sul cartello all’inizio del paese, è stata ribattezzata la “città degli italiani”. Si chiamerà “Sentiero della solidarietà” e, assicura Torti, «riusciremo a concretizzare anche questa idea straordinaria».
Del resto la parola “solidarietà” è quella che più viene pronunciata insieme a “concretezza” e “rinascita”. Una solidarietà che non resta confinata nell’ambito degli intenti, ma che si tocca con mano ovunque. Non solo sulle pareti di legno della Casa della Montagna o sui pavimenti piastrellati in cui è riportata, a terra, tutta la cartina del comprensorio realizzata dal Cai e in cui sono tracciati i sentieri.
La solidarietà è anche nei gesti. Come in quelli compiuti dal presidente Torti, che ha simbolicamente regalato il prototipo del gillet del Sentiero Italia Cai alla giovanissima Francesca Bianchetti (socia di 9 anni del Cai di Antrodoco) perché «rappresenta il futuro», e a Sonia Reppucci (socia disabile del Cai Monterotondo) perché «in montagna siamo tutti diversamente uguali». Esatto, diversi ma uguali. E così il gruppo LH del Cai Lazio – acronimo che sta per “Lazio handicap escursione” – ha effettuato dimostrazioni delle attività escursionistiche con la joëlette prima che figuranti, cavalli e greggi di pecore raggiungessero la Casa per rievocare la transumanza. C’è poi chi ha scelto di scalare e chi ha visitato con attenzione tutti gli spazi; c’è chi ha raccontato la propria esperienza e chi invece ha preferito ascoltare. E infine ci sono state le fotografie di gruppo (dai volontari Anpas alle sezioni Cai, fino all’immagine “storica” che ritrae la presidenza, la direzione, i consiglieri centrali e i presidenti regionali del Club alpino di fronte alla nuova struttura) come a voler ricordare per sempre questo giorno di festa in un luogo che, da tre anni a questa parte, ha avuto come unica ricorrenza la veglia per le vittime e l’anniversario di un disastro che niente e nessuno potrà mai cancellare dai tanti cuori feriti.
Clicca qui per vedere tutte le foto della giornata.
Gianluca Testa