Siamo contrari a nuovi impianti sciistici, ma il progetto della Val Comelico, condivisa da sezione CAI, costituisce occasione per sensibilizzare e coinvolgere istituzioni pubbliche e private a ricerca di nuove strategie di sviluppo sostenibili.
La credibilità di una Associazione si misura, prioritariamente, in base alla coerenza con le indicazioni espresse dai propri soci, all’esito di un approfondito dibattito interno, in ordine a quelle che devono essere le linee di comportamento e le scelte rispetto a temi di generale rilevanza.
Per questo il Club Alpino Italiano, con riferimento a qualsiasi ipotesi di creazione di nuovi impianti sciistici o di ampliamento di quelli esistenti, non può che confermare una posizione, adottata nel Bidecalogo approvato dall’Assemblea dei delegati in occasione del 150° di fondazione, di contrarietà, che trae spunto dai noti limiti della monocultura dello sci, vieppiù rimarcati dai significativi mutamenti climatici.
Il che non significa, però, trascurare in modo aprioristico la possibilità, riconosciuta dallo stesso Bidecalogo e dettata da evidente e doverosa forma di attenzione verso le popolazioni di montagna, “quando se ne ravvisasse l’opportunità socioeconomica, nelle zone in cui tali infrastrutture siano già presenti”, di sollecitare approfondimenti ed “una rigorosa analisi dei costi/benefici e della sostenibilità economica e ambientale”.
“A tale riguardo – precisa il Presidente generale Vincenzo Torti – il progetto afferente la Val Comelico, che ha visto un’istanza avanzata da tutta la Comunità locale, con la condivisione della Sezione CAI, che di essa costituisce componente vitale, se pure resta tra i tipi di intervento rispetto ai quali il CAI esprime contrarietà, rappresenta un’occasione per sensibilizzare e coinvolgere istituzioni e finanza, sia pubblica che privata, verso la ricerca di nuove strategie che mirino ad una innovativa progettualità verso forme di sviluppo sostenibili. Confidiamo, quindi, che quegli stessi Soci, la cui sensibilità ci è nota e si è concretata negli anni in una realtà di attenzione e rispetto, sappiano, come abitanti di una montagna che può e deve incentivare forme di turismo alternative, operare nella ricerca di soluzioni che siano effettivamente in grado, in modo lungimirante, di vincere quell’attuale marginalità connessa al vedersi, talvolta, relegata al rango di luogo di transito, verso mete i cui impianti attraggono e danno lavoro”.